In quanto agenzia full-stack che si occupa di ogni step progettuale, dal concept alla delivery, Giotto Enterprise ha con i propri stakeholder un approccio molto pragmatico, ma allo stesso tempo umano.
Questa dicotomia si è trasmessa di collega in collega e di generazione in generazione, diventando coscienza identitaria di una delle agenzie di comunicazione più grandi e solidi di Trieste, con più di 35 anni di esperienza nel settore.
Questa identità è, spesso, difficilissima da raccontare. È più facile rendersene conto prendendo in mano il telefono e parlando qualche minuto con Ornela Agostino, l’Account Manager dell’agenzia, o ancor di più organizzando un appuntamento con quest’ultima e con il Giovanni de Flego, Direttore Creativo .
Da qui nasce “Behind the Screen”, una rubrica dove parleremo del dietro le quinte del progetto finito, aggiungendo curiosità e raccontandovi come si vive il processo strategico e creativo all’interno della Giotto Enterprise.
Oggi parliamo proprio con Ornela Agostino e Giovanni de Flego, che ci raccontano com’è stato lavorare alla brand identity di FVG Plus.
Parlateci della genesi di questo progetto, com’è nato?
Ornela: Il nostro partner Delex stava già collaborando da un po’ insieme a Friulia su alcuni progetti in ambito web, ma ad un certo punto si è manifestata l’esigenza di creare un logo, dunque hanno pensato di chiamarci. FVG Plus aveva bisogno di essere espressa tramite un marchio visivamente vicino alle altre realtà che gravitano intorno ad essa.
Perché FVG Plus è un prodotto di Friulia, corretto?
Ornela: Sì, esatto, fa parte del Gruppo Friulia. Anzi, più precisamente FVG Plus S.p.A. è la nuova società in house della Regione FVG dedicata alla attuazione delle politiche regionali per privati e imprese, ottimizzando la gestione dei vari strumenti agevolativi.
Chi si è occupato della parte creativa di questo progetto?
Giovanni: Se potessi mi occuperei solo di branding; quindi, quando è entrato questo progetto in Agenzia mi si sono illuminati gli occhi – così come al resto del team.
Come mai?
Giovanni: Perchè ci sembrava una sfida molto interessante, ci è stato chiaro fin da subito parlando con il cliente.
E come avete iniziato ad approcciarti al brief?
Giovanni: C’è stata una sorta di illuminazione per via di una frase pronunciata proprio durante la primissima riunione. L’amministratore delegato di Friulia ha detto, camminando insieme a noi lungo il corridoio e prima di salutarci: “Mi raccomando ragazzi, si pronuncia <<PLUS>> non <<PLAS>>, è latino!”.
Una frase detta per scherzo ha fatto partire un brainstorming su come poter utilizzare parole e lettere.
È stato già in quel momento e da uno schizzo che è nata l’idea. Il resto è tutta ottimizzazione.
Cosa intendi?
Giovanni: Intendo che si è trattata di uno di quei casi in cui già dallo schizzo su carta riesci a comprendere quale sarà il risultato finale, e la motivazione intrinseca che gli conferisce quel determinato aspetto.
In realtà trovo che dovrebbe essere una sorta di regola universale: se il risultato finale è troppo diverso da quello che avevi immaginato inizialmente, c’è qualcosa che non va.
Ma quindi avete presentato una sola proposta?
Ornela: No, in realtà ne abbiamo elaborate altre …
Giovanni: Anche se segretamente speravamo scegliessero proprio quella!
Cosa credete che abbia contribuito a questa scelta?
Ornela: Non ne possiamo essere sicuri, ovviamente. Però crediamo che, se il pensiero ha un’identità forte, le persone lo capiscono.
Perché al di là dell’aspetto piacevole, quello che davvero è importante è l’idea.
Giovanni: Sì, l’idea era già chiara dalla prima bozza.
Quando il logo è stato scelto, abbiamo apportato delle migliorìe giusto per equilibrare il tutto.
Guardando il case study, si legge che c’è un criterio ben preciso per la disposizione di tutti gli elementi. Ce ne vuoi parlare?
Giovanni: È fondamentale dire che questa idea non sarebbe stata applicabile ad altri progetti. Il fatto che il marchio abbia l’aspetto che ha è strettamente collegato al nome.
La “U” latina, scritta con caratteri maiuscoli, visivamente è una “V”, quindi la doppia lettura che per noi italiani è così intuitiva, è possibile solo grazie ad un glifo che siamo in grado di leggere sia come “U” che come “V”.
Noi italiani non ci rendiamo neanche conto di avere questa conoscenza dentro di noi.
E forse all’estero non verrebbe compreso.
Giovanni: Esatto! È stato possibile solo perché ci rivolgiamo ad un target molto specifico, in un territorio molto specifico.
Si nota che gli elementi sono posizionati su una matrice, cosa significa?
Giovanni: La matrice su cui sono stati disposti i segni è generata dalla terna pitagorica fondamentale, composta da un triangolo rettangolo 3*4 di ipotenusa pari a 5. Questa matrice è visibile e scandita grazie ai punti (che hanno l’aspetto di rombi).
Pensi che dall’altra parte si sia percepito lo sforzo, nel fare quel pensiero in più?
Giovanni: Sì, penso proprio di sì.
Sai, ci sono tanti modi per fare un lavoro.
Puoi decidere di fare qualcosa di “basic” o qualcosa che deriva da un pensiero più intenso, più alto. Questo è, a mio avviso, il modo in cui si dovrebbe fare un progetto sempre.
Cosa vi ha lasciato questa esperienza, oltre alla soddisfazione nel realizzare un progetto di identità visiva?
Ornela: Quello di FVG Plus è un progetto che dà grande coraggio. Quando hai la possibilità di interfacciarti con degli interlocutori del genere, è davvero un piacere fare progettazione.
Il marchio che è stato scelto era l’opzione più radicale, quella che di solito non prende mai nessuno.
Questo, come altri progetti usciti quest’anno, è la dimostrazione che bisogna guardare oltre e non sedersi mai.